Welfare
20/11/2019
Una ricerca presentata oggi a Milano al convegno Gli invisibili. Essere caregiver in Lombardia
360 mila caregivers in Lombardia si occupano di un familiare, malato grave o disabile. Molti di loro si dedicato a un anziano sopra i 65 anni, non autosufficiente: nella nostra regione, sono circa mezzo milione di persone ad aver bisogno di assistenza continua.
Questi i primi dati della ricerca presentata oggi, 20 novembre, a Milano, al palazzo della Regione, nel corso del convegno Gli invisibili. Essere caregiver in Lombardia.
Al convegno hanno partecipato, per parte della mattinata, anche i consiglieri regionali Simona Tironi e GianAntonio Girelli.
Erano presenti anche molti delegati di Fnp Cisl Lombardia, tra cui Onesto Recanati (in foto durante un intervento) e di Anteas, oltre ad Arci, Lega Coop, Spi Cgil.
L'indagine è stata promossa da Ars e Acli Lombardia in collaborazione con Inca Cgil, nell'ambito del progetto Time to Care e con il contributo di Fondazione Cariplo.
Il convegno mirava a richiamare l'attenzione sul fenomeno e a rilanciare la proposta di legge regionale popolare per i caregiver, per la quale è in atto una raccolta di firme.
Caregivers in Lombardia
“Li abbiamo chiamati gli invisibili perché sono un popolo senza voce”, ha esordito Sergio Pasquinelli, presidente di Ars. Per conoscerli l'indagine ha intervistato un campione rappresentativo di 1100 persone, in due periodi diversi. Il campione, ha spiegato Pasquinelli, fotografa in gran parte la situazione degli anziani, una parte importante dei malati e dei disabili, affiancata poi dalle famiglie con minori e degli adulti con difficoltà gravi.
In Lombardia ci sono dieci milioni di residenti, di questi 2,2 milioni sono anziani che superano i 65 anni e, stando ai dati presentati, 510.000 sono malati non autosufficienti.
Quando sono a casa, vengono assistiti da 360 mila caregivers che l'esperta Giulia Assirelli definisce “caregiver primari”: figli, coniugi, familiari che dedicano molte ore quotidiane al lavoro di cura.
Un caregiver su due vive con l'anziano cui presta assistenza. La sua è definita “attività ad alta intensità”: vuol dire stare accanto al malato, per il 94 per cento dei casi, quasi tutti i giorni e, per 8 intervistati su 10, per più di 20 ore alla settimana. In 3 casi su 10, il lavoro di cura è condiviso con una figura professionale, una badante.
Chi si prende cura dei nostri anziani
Chi sono i caregivers? Nel 38 per cento dei casi si tratta di un figlio del malato: ha una professione che svolge a tempo pieno e, in due casi su tre, rinuncia a molto del suo tempo libero per prestare assistenza. Nel 29 per cento dei casi, il caregiver è un figlio che non lavora e, in un caso su quattro, ha dovuto lasciare la sua occupazione per dedicarsi al parente. Nel 24 per cento dei casi il caregiver è un coniuge del malato: è spesso, egli stesso anziano. In tutti e tre i profili, circa il 70 per cento dei caregivers è di sesso femminile.
Come ha spiegato Sergio Pasquinelli, i caregiver invecchiano: rispetto a cinque anni fa l'età media si è alzata di quasi due anni, arrivando a 60.
Giuseppe Imbrogno, Acli Lombardia Aps, ha sottolineato alcuni rischi per il futuro: le famiglie si assottigliano, a volte prendono strade diverse perché il figlio si trasferisce e gli sarà più difficile prestare assistenza ai genitori anziani.
Invisibili: per scelta o necessità
Il dato più interessante della ricerca è la dimensione rigorosamente familiare del lavoro di cura.
I caregivers, spesso, non chiedono e non ricevono aiuto: a volte non sanno di poter aver accesso a servizi socio-assistenziali, oppure preferiscono occuparsi di tutto per loro conto.
Dalle interviste emerge che il supporto più richiesto è di tipo economico, molto meno figura la domanda di un aiuto psicologico o di una formazione specifica. Eppure, sottolinea Pasquinelli,
“nel 60 per cento dei casi la salute degli anziani viene considerata molto problematica, in molti casi con comorbilità e crescono le demenze, che interroga le famiglie sulle reali competenze nel trattare patologie di tipo cognitivo”.
Perché le famiglie usano poco il welfare pubblico?
Le risposte sono emerse anche dal vivace dibattito che si è sviluppato in sala. I cittadini non sempre sono informati, ancora più spesso vivono come complicato l'iter burocratico per l'accesso ai servizi.
Associazioni ed enti territoriali hanno sottolineato che i servizi regionali non sono comunque sufficienti e che manca una rete che metta in collegamento i diversi soggetti in gioco.
I consiglieri regionali Simona Tironi e Giantonio Girelli si sono uniti al dibattito per la proposta di legge regionale, introdotta da Attilio Rossato, presidente Acli Lombardia Aps.