Covid19: dove e come ha colpito la malattia in Italia. Le differenze sociali

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07/07/2020



Secondo il rapporto annuale 2020 Istat, mortalità più alta per chi ha un basso livello di istruzione. Sul contagio hanno influito mobilità e pendolarismo

Covid19: come si è diffuso in Italia e dove ha provocato le sue conseguenze più gravi?
Il rapporto annuale 2020 Istat, nel capitolo 2, dedicato a sanità e salute, dà alcuni dati interessanti per comprendere come la pandemia si è diffusa nel nostro Paese e quali danni ha provocato nel breve, nel medio e nel lungo termine.
La malattia non ha colpito tutti allo stesso modo: ha selezionato le sue vittime tra i più deboli, gli anziani, prima di tutto, ma non solo. La pandemia si è riversata soprattutto sulle regioni con un più alto grado di pendolarismo, con moltitudini di persone che si spostano e lavorano in un comune diverso da quello di residenza. Ancora, il Coronavirus è stato impietoso con la fascia di popolazione meno istruita.

Covid19: geografia del virus

I dati Istat diffusi il 3 luglio seguono quelli già annunciati dall'istituto nei mesi scorsi, riguardo alla mortalità nei primi mesi del 2020, confrontata con quella del 2019.  
Il dato geografico è quello che già conosciamo: l'incremento più marcato dei decessi nel mese di marzo è stato registrato in Lombardia (+188% rispetto alla media nello stesso mese del periodo 2015-2019); seguono l'Emilia-Romagna, con un aumento del 71%, il Trentino Alto-Adige (+69,5%) e la Valle d'Aosta (+60,9%).
Istat scrive che è stata la mobilità per lavoro a incidere sul contagio, con picchi più alti nei sistemi locali del lavoro di Albino (45,2x10.000 abitanti), Canazei (40,9), Zogno (35,4), Orzinuovi (34.3), Clusone (34.1), Lodi (30,5), Cremona (29,6), Piacenza (29,1) e Fiorenzuola d'Arda (29,0).

La pandemia acuisce le diseguaglianze

Che il Covid19 acuisse le diseguaglianze sociali, tra i più ricchi e i più poveri è noto da tempo. Meno noto è il modo in cui le differenze sociali hanno influito sul contagio: secondo Istat, l'incremento di mortalità ha penalizzato di più la popolazione meno istruita. Lo svantaggio è più ampio tra i 65-79enni residenti nelle aree con alta diffusione dell'epidemia, sia per gli uomini (1,28 a marzo 2019, 1,58 a marzo 2020) sia per le donne (da 1,19 a 1,68).
Istat sottolinea che uno scarso livello di istruzione, povertà, disoccupazione e lavori precari influiscono negativamente sulla salute e sono correlati al rischio di insorgenza di molte malattie, ad esempio quelle cardiovascolari, il diabete, le malattie croniche delle basse vie respiratorie e alcuni tumori, che potrebbero aumentare il rischio di contrarre il COVID-19 e il relativo rischio di morte.

Un più basso livello di istruzione è poi spesso correlato con mansioni lavorative più a rischio, come i lavori in agricoltura, nella vendita al dettaglio e nella grande distribuzione, nel trasporto pubblico, i servizi di pulizia, di assistenza e cura dei bambini e degli anziani. In più condizioni socioeconomiche svantaggiate espongono le persone ad una maggiore probabilità di vivere in alloggi piccoli o sovraffollati.

Istat scrive, inoltre:

“Va anche considerato che la popolazione con un basso livello di istruzione ha una maggiore probabilità di avere condizioni di lavoro e di reddito instabili, fattori stressogeni, che, esacerbati dalla pandemia da COVID-19 e dal distanziamento sociale."